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Sezione Lavoro Sentenza 11731/2024* PRINCIPIO di diritto del lavoro pubblico e privato – artt. 1 e 2 Direttiva 2000/78/CE, art. 3bis, commi 1, 2 e 3 del Dlgs 216/2003, artt. 1175 e 1375 cc – Istituto periodo di comporto

La Corte definisce l’istituto del periodo di comporto quale a quel “punto di equilibrio fra l’interesse del lavoratore a disporre d’un congruo periodo di assenze per ristabilirsi a seguito di malattia o infortunio e quello del datore di lavoro di non doversi fare carico a tempo indefinito del contraccolpo che tali assenze cagionano all’organizzazione aziendale” astrattamente predeterminato nell’art. 2110, secondo comma c.c. (Cass. 16 settembre 2022, n. 27334). E come rientri nella più ampia categoria dei c.d. “accomodamenti ragionevoli”, gravanti il datore di lavoro dell’obbligo di previa verifica della possibilità di adattamenti organizzativi, appunto ragionevoli, nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso, secondo una interpretazione conforme agli obiettivi della direttiva 2000/78/CE (Cass. 9 marzo 2021, n. 6497). È noto per la Corte che, in tema di licenziamento, costituisca discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto al lavoratore disabile, perché la mancata considerazione dei rischi di maggiore morbilità dei lavoratori disabili, proprio in conseguenza della disabilità, converte il criterio, in apparenza neutro, del computo del periodo di comporto breve in una prassi discriminatoria nei confronti del particolare gruppo sociale protetto, siccome in posizione di particolare svantaggio (Cass. 31 marzo 2023, n. 9095). Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, appare allora necessaria, a norma dell’art. 3, comma 3bis D.Lgs. 216/2003, l’adozione, da parte dei datori di lavoro pubblici e privati, di ogni ragionevole accomodamento organizzativo che, senza comportare oneri finanziari sproporzionati, sia idoneo a contemperare, in nome dei principi di solidarietà sociale, buona fede e correttezza, l’ interesse del disabile al mantenimento di un lavoro confacente alla sua condizione psico-fisica con quello del datore a garantirsi una prestazione lavorativa utile all’impresa, anche attraverso una valutazione comparativa con le posizioni degli altri lavoratori; fermo il limite invalicabile del pregiudizio alle situazioni soggettive di questi ultimi aventi la consistenza di diritti soggettivi (Cass. 9 marzo 2021, n. 6497). E’ introdotta così un’agevolazione probatoria mediante lo strumento di una parziale inversione dell’onere dovendo l’attore fornire elementi fattuali che, anche se privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza devono rendere plausibile l’esistenza della discriminazione, pur lasciando comunque un margine di incertezza in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi della fattispecie discriminatoria; sicché, il rischio della permanenza dell’incertezza grava sul convenuto, tenuto a provare l’ insussistenza della discriminazione una volta che siano state dimostrate le circostanze di fatto idonee a lasciarla desumere (Cass. 28 marzo 2022, n. 9870, in riferimento all’art. 28, quarto comma D.Lgs. 150/2011, quale disposizione speciale rispetto all’art. 2729 c.c., in tema di discriminazione indiretta nei confronti di persone con disabilità ai sensi della legge n. 67 del 2006). I su enunciati principi di attenuazione dell’onere probatorio operano anche nell’ ipotesi di discriminazione indiretta.

Sezione Lavoro Ordinanza 12724/2024* Impiego pubblico – Funzioni Centrali – Trasferimento di contratto – art. 7, comma 20, DL 31 maggio 2020, n. 78 convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2020. N. 122 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione

La Corte esamina tre questioni fondamentali: 1) l’art. 7, comma 20, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, ha disposto la soppressione degli enti di cui all’allegato 2 al medesimo decreto legge ed ha previsto che i compiti e le attribuzioni esercitati sono stati trasferiti alle amministrazioni corrispondentemente indicate, con trasferimento del personale a tempo indeterminato in servizio presso i predetti enti al momento della soppressione alle amministrazioni e agli enti rispettivamente individuati ai sensi del medesimo allegato. In attuazione di detta norma, il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Dipartimento per la pubblica amministrazione e l’innovazione hanno adottato il decreto interministeriale 11 febbraio 2011 (in G.U. Serie Generale n. 83 del 11.04.2011) recante la Tabella di corrispondenza ai fini dell’ inquadramento del personale a tempo indeterminato proveniente dall’Istituto per la promozione industriale e trasferito al Ministero dello sviluppo economico. 2) La disposizione assicura ai dipendenti trasferiti il mantenimento del solo trattamento economico fondamentale ed accessorio corrisposto al momento del nuovo inquadramento limitatamente alle voci fisse e continuative e prevede, nel caso in cui esso risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’amministrazione di destinazione, l’erogazione di un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici, a qualsiasi titolo conseguiti; si è precisato, in particolare, che ai fini del computo dell’assegno personale ciò che rileva è il carattere fisso e continuativo del compenso, che è connaturato al trattamento fondamentale ma ricorre anche per quelle voci del trattamento accessorio che non siano correlate al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’amministrazione di appartenenza e siano certe nell’an e nel quantum. 3) In ordine all’anzianità di servizio anche nei casi di applicazione dell’art. 31 del D.Lgs. n.165/2001 (non invocabile nella fattispecie per le ragioni già dette) e di trasferimento di azienda, l’anzianità medesima di per sé non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore da lavoro e deve essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito; l’anzianità pregressa, non può invece essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l’ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto, non delle mere aspettative (cfr.Cass. n. 641/2022).

Sezione Lavoro Sentenza 7272/2024* Impiego Pubblico – Funzioni Centrali – Licenziamento – Giusta causa – art. 2119 cc – art 16 del DPR 62/2013 e art 62 del CCNL Funzioni Centrali – art. 4 Statuto dei Lavoratori

La Corte affronta tre diversi profili di interesse. In primis evidenzia che “la contestazione disciplinare deve contenere le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, la condotta addebitata, sebbene l’accertamento relativo al requisito della specificità, riservato al giudice di merito, va condotto considerando che in sede disciplinare la contestazione non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale né si ispira ad uno schema precostituito, ma si modella in relazione ai principi di correttezza che informano il rapporto esistente fra le parti, sicché ciò che rileva è l’ idoneità dell’atto a soddisfare l’interesse dell’incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa”. La Corte inoltre sottolinea che in materia di controlli difensivi del datore di lavoro, la giurisprudenza ha affermato che il controllo “difensivo in senso stretto” deve essere “mirato” ed “attuato ex post”, ossia “a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto”. Infine viene evidenziato che “la valutazione della gravità dell’illecito e della proporzionalità della sanzione espulsiva nel licenziamento per giusta causa integra una clausola generale che l’interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla normativa. L’accertamento della concreta ricorrenza degli elementi integranti tale parametro costituisce un giudizio di fatto demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici”.

Sezione VII Sentenza 3855 del 29/4/2024* Impiego Pubblico – Funzioni Centrali – Scorrimento graduatorie concorsuali – Indizione nuovo concorso/selezione

Il Consiglio di Stato, sezione VII, stabilisce che la riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è assoluta e incondizionata; sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile, con il conseguente ridimensionamento dell’obbligo di motivazione. L’ultrattività ex lege delle graduatorie concorsuali, per il Consiglio, non si traduce in un corrispondente obbligo di scorrimento delle graduatorie approvate ed ancora valide, né, di conseguenza, in un diritto soggettivo in capo ai soggetti ritenuti idonei. L’idoneo non vincitore in un concorso pubblico vanta una posizione non di diritto al posto, ma di mera aspettativa all’assunzione, atteso che l’amministrazione conserva un’ampia discrezionalità e ha una semplice facoltà, non un obbligo, di procedere allo scorrimento della graduatoria, potendo ritenere non prioritaria la copertura del posto, ovvero, del pari, ravvisare ragioni nel senso dell’espletamento di un nuovo concorso, o, ancora, della soppressione del posto. L’opzione fra scorrimento della graduatoria valida e nuova procedura concorsuale suppone la determinazione della modalità di copertura dei posti che meglio persegua gli interessi pubblici presidiati dall’art. 97 Cost. La preferenza della procedura di scorrimento delle graduatorie concorsuali rispetto alla indizione di un nuovo concorso recede, infatti, in presenza di valide e motivate ragioni di pubblico interesse che depongono in senso contrario.

Deliberazione n. 62 del 13 maggio 2024 Valutazione della performance degli statali, un sistema poco efficace

La Corte dei Conti con la deliberazione in argomento ha approvato il rapporto avente a oggetto “Segnalazioni inviate alla Corte dei Conti dagli OIV e istituti di premialità riconosciuti al personale dipendente (2020-2022)”. La Corte evidenzia le criticità più rilevanti ed invita le Amministrazioni interessate a comunicare alla Corte stessa ed al Parlamento le misure consequenziali adottate ex art. 3 comma 6 della Legge 20/1994 e successive modifiche ed integrazioni. In particolare la Corte evidenzia che “in relazione alle segnalazioni pervenute …, è risultata diffusa l’indicazione di obiettivi particolarmente bassi (e autoreferenziali) insieme all’opzione per indicatori di performance altrettanto poco sfidanti; cosa che ha comportato l’appiattimento verso l’alto delle valutazioni del personale (del tutto prevalente risulta l’attribuzione della classe di punteggio massima sia alla dirigenza sia al personale delle aree funzionali) e il conseguente riconoscimento di premialità in assenza degli adeguati presupposti meritocratici che le avrebbero, a rigore, giustificate. Parimenti diffusi sono risultati: – l’assenza di un adeguato sistema di controllo di gestione; l’omesso aggiornamento del sistema di misurazione e valutazione della performance, con particolare riguardo alle misure di valutazione individuale dettagliate in seno alle Linee guida n. 5/2019; il mancato rispetto dei criteri di valutazione partecipativa, che avviene nell’ambito del promovendo rapporto di collaborazione tra Amministrazione pubblica e cittadini, con il coinvolgimento di utenti interni ed esterni (si vedano le Linee guida n. 4/2019); l’assenza di adeguata attenzione al c.d. bilancio di genere e la conseguente mancanza di un’adeguata integrazione della dimensione di genere nella programmazione”.

Corresponsione dell’Assegno per il nucleo familiare. Nuovi livelli reddituali per il periodo 1° luglio 2024 – 30 giugno 2025 – Circolare n. 65 del 15 maggio 2024 – INPS

INPS ha pubblicato la circolare numero 65 del 15-05-2024 con le tabelle contenenti i nuovi livelli reddituali, nonché i corrispondenti importi mensili della prestazione da applicare, dal 1° luglio 2024 al 30 giugno 2025, alle diverse tipologie di nuclei familiari.

PUBBLICO IMPIEGO – Licenziamento del whistleblower: la giusta causa va valutata anche considerando le denunce di cui è autore

Con sentenza del 9 maggio 2024 n. 12688, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che per valutare le legittimità del licenziamento del whistelblower, bisogna considerare l’intero contesto in cui s’inserisce il provvedimento espulsivo, anche se l’addebito disciplinare non è direttamente collegato con le denunce che il dipendente ha proposto contro i superiori. Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del dirigente, ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva dichiarato la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato, sostenendo in particolare che la Corte territoriale avesse errato laddove non aveva adeguatamente considerato la rilevanza, nel contesto complessivo in cui il licenziamento s’inseriva, del whistleblowing fatto dal dirigente e dei previsti obblighi di protezione, “trincerandosi” sulla ritenuta sussistenza della una giusta causa di licenziamento.

Licenziato dopo essere stato reintegrato per fatti emersi nel corso del giudizio: il licenziamento è tardivo

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12393 del 7 maggio 2024, ha ritenuto difettare del requisito della tempestività il (secondo) licenziamento irrogato ad un dipendente appena reintegrato, a seguito di contestazione elevata successivamente alla reintegra ed avente ad oggetto fatti di cui il datore di lavoro era venuto a conoscenza già nel corso del giudizio relativo al primo licenziamento. Secondo la Corte, il datore avrebbe dovuto procedere senza ritardo alla contestazione degli addebiti anche nelle more del giudizio, in quanto il primo licenziamento (illegittimo) non poteva considerarsi idoneo a risolvere il rapporto che, quindi, doveva considerarsi giuridicamente persistente benché sospeso. Sulla scia di quanto stabilito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3098/2017, la Corte ha anche ribadito che la tardività della contestazione costituisce un vizio di natura sostanziale, che determina l’applicazione della tutela indennitaria c.d. “forte” ai sensi dell’ art. 18 comma 5 dello Statuto dei Lavoratori, anziché quella c.d. debole, ex art. 18 comma 6, che spetta in caso di violazioni di natura procedurale.

Permessi 104: istruzioni per l’(ab)uso

Corte di Cassazione con l’ordinanza 9 maggio 2024, n. 12679 torna a pronunciarsi in tema di abusi dei permessi ex lege 104/1992, ritenendo insussistente la giusta causa di licenziamento nella vicenda di un lavoratore che, durante la fruizione dei permessi per l’accudimento della moglie disabile, svolge una serie di attività (soggiorno presso una località marina insieme alla coniuge e accompagnamento del cane dal veterinario) ritenute dal datore di lavoro abusive del diritto di assistenza e, come tali, aventi rilevanza disciplinare.

Cassazione: permessi L. 104/1992, assistenza al disabile per tutto l’orario di lavoro

Con l’ordinanza n. 11999 del 03.05.2024, la Cassazione afferma che, durante i giorni di permesso ex art. 33 della L. 104/1992, il tempo dedicato all’assistenza del familiare disabile non deve essere rapportato all’intera giornata ma piuttosto all’orario lavorativo, restando irrilevanti le ore serali e notturne.

INPS – Circ. n. 69 del 29.05.2024 : Riscatto dei periodi non coperti da contribuzione

La legge di bilancio 2024 (l. n. 213 del 30 dicembre 2023) ha previsto la possibilità di riscattare periodi non coperti da contribuzione previdenziale. Su conforme parere del Ministero del lavoro, l’Inps, con la circ. n. 69 del 29.05.2024, interviene a chiarire le condizioni a cui è subordinata la predetta facoltà e le forme da seguire per esercitarla. Dalla predetta legge e dalle precisazioni fornite dall’Inps si ricava quanto segue: -soggetti beneficiari: la facoltà è riconosciuta in favore degli iscritti alla assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione separata Inps, che siano privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e che non siano già titolari di pensione. La facoltà di riscatto, quindi, è riservata ai lavoratori che hanno la pensione calcolata interamente con il sistema contributivo. Per essere considerati iscritti, è sufficiente anche un solo contributo nella gestione pensionistica in cui è esercitata la facoltà di riscatto, versato in epoca precedente alla data di presentazione della domanda di riscatto. Il requisito della assenza di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 richiede che manchi qualsiasi tipologia di contribuzione (obbligatoria, figurativa, da riscatto) accreditata anteriormente alla data del 1° gennaio 1996 in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria (comprese le Casse per i liberi professionisti) o acquisita nel regime previdenziale dell’Unione europea o nei singoli regimi previdenziali dei vari Paesi membri dell’Unione o dei Paesi convenzionati con l’Italia in materia di sicurezza sociale; -periodo riscattabile e ulteriori requisiti richiesti: il periodo massimo riscattabile è di cinque anni, anche non continuativi, che si collochi in epoca successiva al 31 dicembre 1995 e precedente il 1° gennaio 2024. Il periodo oggetto di riscatto, inoltre, deve essere compreso tra l’anno del primo contributo e l’anno dell’ultimo contributo accreditato (obbligatorio, figurativo, da riscatto) nelle suddette gestioni assicurative. Ne deriva che il periodo oggetto di riscatto può anche essere anteriore al primo contributo o successivo all’ultimo contributo purché riferito al medesimo anno del contributo iniziale o di quello successivo; -utilità del periodo riscattato: l’anzianità contributiva aggiuntiva guadagnata grazie al riscatto vale sia ai fini della maturazione del diritto alla pensione che ai fini della determinazione della misura della pensione; -come è valorizzato il periodo riscattato e come è determinato il costo del riscatto: il periodo riscattato viene valorizzato applicando il sistema contributivo di determinazione della prestazione pensionistica. Il relativo onere è calcolato applicando l’aliquota contributiva in vigore presso la gestione destinataria del riscatto., assumendo come base di calcolo la retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda e rapportata al periodo oggetto del riscatto; -intervento del datore di lavoro: nel settore privato l’onere del riscatto può essere sostenuto dal datore di lavoro destinando, a tal fine, i premi di risultato, con la deduzione dell’onere stesso dal reddito di impresa. -chi può presentare la domanda di riscatto e il termine entro il quale può presentarsi la domanda: la facoltà di presentare la domanda è rimessa all’assicurato o ai suoi superstiti o ai suoi parenti e affini entro il secondo grado. La domanda di riscatto può essere presentata, a partire dal 1° gennaio 2024 data di entrata in vigore della l. n. 213/2023, fino al 31 dicembre 2025. – esclusione della facoltà di riscatto per recuperare periodi lavorativi con obbligo di versamento della contribuzione: la facoltà di riscatto riguarda esclusivamente periodi non soggetti a obbligo contributivo.

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